Si è conclusa nel migliore dei modi la vicenda che, a marzo scorso, aveva sconvolto il mondo degli svapatori.
Le accuse rivolte dalla Guardia di Finanza al patron delle sigarette elettroniche, Arcangelo Bove, sono state ritirate e tutto è tornato alla normalità; i magazzini di proprietà di Bove e del suo socio sono stati dissequestrati e restituiti ai suoi legittimi proprietari ed il sito internet è stato riaperto ed è tornato a pieno ritmo lavorativo.
Per capire meglio cosa è successo torniamo indietro nel tempo, all’inizio della storia e ripercorriamola insieme.
La nascita di Svapoweb
Nato sette anni fa da un’idea vincente di Arcangelo Bove, Svapoweb è l’azienda italiana che possiede il più grande ed importante e-commerce dedicato alla sigaretta elettronica.
A Bove va riconosciuto il merito di aver reso famose altre due società: la Arcbo Doo con sede in Slovenia e la Gioark.
Quest’ultima, nata dopo il rilevamento ( nel 2015 ) di una ditta che produceva liquidi per e-sigarette sita a Capodistria, deve il suo nome all’unione dei diminutivi del nome di Bove e di quello di suo figlio Giovanni.
Nel 2015, la sede slovena di Arcbo Doo è stata trasferita in Italia, anche se i liquidi continuano ad essere prodotti li al contrario di quelli della GioarK, il trasferimento è stato il modo di Arcangelo Bove di ringraziare il suo paese di origine che gli aveva, in un certo senso, permesso di diventare il grande imprenditore che è adesso.
L’accusa contro svapoweb.it
Nel marzo scorso il sito Svapoweb è stato chiuso ed i magazzini riconducibili alle aziende dell’imprenditore confiscati e posti sotto sequestro. Una brutta esperienza, finalmente arrivata ad una felice conclusione.
La Guardia di Finanza aveva accusato Bove di non aver pagato le accise e l’IVA sulla produzione di liquidi notando qualcosa che non tornava nel lavoro della Gioark.
Quest’ultima, secondo quanto trapelato dalle indagini, avrebbe dovuto produrre i propri liquidi in Slovenia per poi trasportarli in Italia ma pareva che la produzione si svolgesse nella sede fiscale di Benevento, escamotage, questo, che avrebbe permesso a Bove di aggirare il fisco italiano.
Secondo la ricostruzione fatta nelle indagini preliminari, invece, produzione e distribuzione sarebbero avvenute interamente in Italia pagando, però, le tasse slovene, più basse, e non quelle italiane dato che il nostro paese ignorava la fabbricazione dei suddetti liquidi.
Oltre a quella di evasione fiscale, alla società veniva anche contestata l’accusa di riciclaggio, un’accusa pesante che, se formalizzata, avrebbe potuto mettere fine alla vita di una delle aziende italiane di maggior successo degli ultimi dieci anni.
La Guardia di Finanza ed i Monopoli di Stato, dopo aver formulato le contestazioni, avevano inviato Carabinieri e personale dell’Ufficio Doganale di Napoli a controllare e perquisire tutti i locali di proprietà delle aziende di Bove ed a controlli conclusi, avevano denunciato Bove ed il suo socio a piede libero con le accuse di ricettazione e frode nell’esercizio del commercio ed il mancato pagamento delle imposte dirette ed indirette.
Nel documento ufficiale relativo alle disposizioni prese in atto dalle autorità, si può anche leggere che Bove e socio non erano riusciti a dimostrare la liceità della provenienza dei liquidi da loro prodotti, che erano conservati in un magazzino posizionato tra le campagne beneventine, magazzino in cui si svolgeva anche la produzione, l’imbottigliamento e l’etichettatura di prodotti a marchio Gioark.
I magazzini venivano, allora, sigillati ed i prodotti presenti al loro interno, così come i macchinari, venivano interamente sequestrati per permettere all’Agenzia Regionale di Protezione Ambientale di acquisire campioni di liquidi da poter analizzare in laboratorio onde poterne identificare composizione e provenienza.
La disperazione degli svapatori
E’ inutile dire che Fucci, avvocato di Bove, aveva tutte le ragioni nel difendere a spada tratta il suo assistito.
Dalle sue parole era palese che non si trattava solo di frasi di circostanza che un professionista in campo legale utilizza per arginare il danno.
Fucci era convinto, sicuro dell’innocenza dell’imprenditore e non lesinava spiegazioni e discorsi così come non si sottraeva ai giornalisti ma, al contrario, si disponeva al confronto continuando a portare avanti la sua tesi difensiva: un semplice disguido tecnico, un ritardo nella spedizione della fatturazione relativa alla merce sequestrata che sarebbe stata presentata nelle sedi opportune ed al più presto.
Mentre il web si disperava per la chiusura del sito e sui Forum dedicati alle e-cigarette i clienti di Svapoweb.it, increduli, si scambiavano informazioni sulla sua chiusura, Bove e il suo avvocato si dimostravano tranquilli, avevano tutte le carte in regola e lo avrebbero dimostrato presto.
Il tam tam in rete diffondeva la notizia, il più grande sito per svapatori, quello con i prezzi migliori ed una qualità di prodotto testata e ritestata, quello che doveva la sua forza ed il suo successo, in particolare, alle ottime recensioni che chi acquistava pubblicava in rete, aveva chiuso i battenti e nessuno sapeva dire se avrebbe mai riaperto.
Le domande che invadevano siti e social network non lasciavano presagire nulla di buono.
Svapoweb se la sarebbe cavata? Davvero le accuse erano sbagliate oppure era pura strategia difensiva ciò che veniva affermato dall’imprenditore più amato dagli svapatori? Se le accuse fossero state confermate, a chi avrebbero potuto rivolgersi le migliaia di fedelissimi che non riuscivano a darsi pace? Soprattutto, quando sarebbe finito quest’incubo?
La fine dell’incubo ed il ritorno online
Si dice che tutto è bene quel che finisce bene e mai frase ha avuto più senso, almeno in questo caso.
Il 24 marzo scorso, durante l’udienza fissata dal Tribunale del Riesame, la documentazione prodotta da Arcangelo Bove e presentata al giudice dall’avvocato Fucci, poneva fine a quello che è stato il caso più clamoroso accaduto nel giovane settore delle sigarette elettroniche.
Il difensore di Svapoweb aveva prontamente dimostrato che tutta la vicenda altro non era se non un equivoco, che le fatture che dovevano accompagnare i liquidi provenienti dalla Slovenia avevano semplicemente subito un piccolo ritardo e, per ironia del caso, le bottigliette erano arrivate in magazzino due giorni prima dei documenti che le accompagnavano.
Questo il motivo del fraintendimento con il Monopolio di Stato ed il giudice non ha potuto fare altro che assolvere pienamente l’imprenditore italiano che, per fortuna sua e, soprattutto, per quella dei centinaia di clienti di Svapoweb, è stato discolpato senza remora e senza vedersi imputata neanche una minima sanzione pecuniaria.
Adesso Svapoweb è online e continua a soddisfare le richieste sei suoi moltissimi utenti.